Affettività e Amore al tempo del Covid-19
Articolo della Dr.ssa Maria Zampiron – Psicoterapeuta
Essere uomo/donna, coppia, genitori.
Sappiamo che, per la coppia, pensare di avere un figlio è una predisposizione innata dell’essere umano come mammifero, un obiettivo finalizzato alla prosecuzione della specie e all’esercizio dell’accudimento della prole.
Procreare, fare nascere un figlio e accudirlo nel percorso di crescita insieme, rappresenta per entrambi i genitori, padre e madre, l’espressione etica più elevata della sessualità. Dal punto di vista psicologico, la sessualità umana rispetto agli altri mammiferi, per entrambi i generi, diventa una espressione complessa di aspetti interpersonali: il vissuto del corpo con le sensazioni, le emozioni, le fantasie e i desideri, le esperienze con gli affetti mediate dai sentimenti e la sperimentazione delle relazioni sociali riguardo ai comportamenti, ai ruoli, alle competenze e alle convinzioni.
Riguardo alla procreazione, alla gravidanza e alle esperienze del parto, come anche lo stato di salute psicofisico e sociale del singolo, della coppia e della famiglia, gli effetti della pandemia non sono ancora chiaramente visibili sia per il prolungarsi del periodo del cambiamento dello stile di vita e sia perché solo in questo ultimo periodo si stanno attivando ricerche riguardo ai cambiamenti e alle conoscenze sullo stato di salute delle persone.
(Ciò comunque) Si iniziano ad intravedere comportamenti disfunzionali nel singolo ma anche nella coppia e in famiglia come stati depressivi, mancanza di energia, demotivazione, ansia e l’angoscia, lontananza dall’altro e paura della malattia e della perdita della sicurezza nonché dell’identità sociale.
Sono questi vissuti di malessere che, se prolungati nel tempo, possono predisporre la persona e la collettività al rischio di sviluppare disturbi post-traumatici da stress (PTSD) come ad esempio la depressione clinica, difficoltà ad addormentarsi e a nutrirsi, incubi e irascibilità, iper-ipo-arousal, alterazione delle emozioni.
Riportiamo questi vissuti, ansia e stress per il cambiamento degli stili di vita, nell’affettività, nella sessualità umana intesa come capacità riproduttiva, nella gravidanza e nel parto.
Sappiamo che la sessualità riproduttiva è il risultato di un complesso processo di interazioni di aspetti individuali legati alla fisicità, alla chimica, alla biologia e alla neurobiologia sia per l’uomo che per la donna e che la stabilità della copia favorisce il concepimento dei figli per produzione di ossitocina.
Infatti l’ossitocina viene considerata l’ormone dell’amore e della fedeltà.
È prodotta dall’ipotalamo e secreta dal lobo posteriore dell’ipofisi. Immesso nel sistema circolatorio è rilasciato dai recettori nervosi di alcune cellule. Svolge la funzione di regolare organi e tessuti periferici durante il momento del parto e dell’allattamento, stimolare il desiderio sessuale e favorire l’affettività e l’empatia. La via afferente dell’ossitocina è rappresentata da fibre sensitive che salgono in parte nella corteccia cerebrale e in parte raggiungono l’ipotalamo. Fattori psichici ed emozionali non contenuti e persistenti inibiscono la secrezione di ossitocina, attraverso il sistema limbico
È stato dimostrato che l’ossitocina è coinvolta in tutte le fasi dell’attività sessuale, dai preliminari, dallo scambio di effusioni tra i partner fino al raggiungimento dell’orgasmo: l’ossitocina nella sfera sessuale è rilasciata dai recettori nervosi della pelle, nei capezzoli e negli organi genitali durante la fase preliminare del rapporto sessuale e durante l’orgasmo, sia maschile che femminile.
Recenti studi e sperimentazioni cliniche hanno dimostrato che quest’ormone interviene in molti processi della vita, giocando un ruolo importante in ambito sessuale, nella sfera dell’affettività e dell’emotività oltre che intervenire nel travaglio e nell’allattamento dove facilita le contrazioni uterine e favorisce la produzione di latte da parte delle ghiandole mammarie.
Oltre che aumentare il desiderio, l’ossitocina funge da collante nelle relazioni interpersonali, favorendo la monogamia e i rapporti stabili, accresce l’attaccamento riparando anche la negatività dei legami affettivi disfunzionali che si instaurano all’interno della coppia stessa.
In particolare la neurobiologia dimostra che la donna ovula in modo più produttivo e che il contatto fisico reciproco rinforza il legame di benessere tra i partner per la produzione di ossitocina.
Cosi come nella sessualità riproduttiva anche nella gravidanza che rappresenta soprattutto un periodo di trasformazioni fisiche ed emotive, di adattamento, dubbi ed incertezze oltre che la gioia della maternità, da parte della donna, l’affettività espressa tra i partner favorisce ed è favorita dalla produzione di ossitocina, la quale interviene indirettamente nel ripristinare una stabilità emotiva ed affettiva dei singoli e nella relazione di coppia stessa soprattutto in caso di conflitti e di stress pregressi causati spesso dai modelli interni di attaccamento ed affettivi (MOI) acquisiti, maturati e sperimentati nella relazione con le figure adulte di riferimento nell’infanzia e nell’adolescenza, all’interno della propria famiglia di origine
In tal modo, prendendo in considerazione che, per tutti noi la salute mentale ai tempi del coronavirus è pesantemente a rischio se non possediamo risorse reattive di copy e capacità di resilienza, un rischio poi che si ripercuote sulla salute globale individuale e sociale della persona, l’ansia vissuta oggi in gravidanza in una situazione di emergenza e la paura da COVID-19 potrebbe generare disturbi da stress acuto nella coppia ma in particolare nella figura materna intesa nella relazione madre figlio.
I dati preliminari ottenuti per ora dallo studio SEG-Covid19, attraverso la somministrazione di un questionario che misura l’intensità della preoccupazione riguardo l’impatto del Coronavirus sulla salute, sull’andamento della gravidanza, sui figli, i loro parenti, il lavoro e il futuro in generale della società, mirati a valutare i livelli di ansia e depressione, avviato recentemente e mirato a valutare la salute psicologica ed in particolare emotiva delle donne in gravidanza nel periodo del Coronavirus, pongono in evidenza che i valori di ansia delle madri superavano i livelli di soglia di normalità come quelli relative alla depressione: i livelli di ansia di stato, di depressione e l’attaccamento prenatale delle donne in gravidanza sono influenzati da tre variabili quali la percezione di pericolo legato al Coronavirus, lo stato economico della famiglia e la presenza di altri figli. Nello specifico, l’alta percezione di pericolo per la diffusione del virus, le difficoltà economiche e la presenza di altri figli in famiglia, sono tutti fattori che aumentano lo stato di ansia e depressione delle gestanti, influenzando l’attaccamento prenatale o meglio “quell’ ’insieme di pensieri che la futura madre ha nei confronti del proprio feto e che aumentano di intensità con l’andamento della gravidanza”.
Infatti, da ulteriori precedenti ricerche, l’attaccamento prenatale è inversamente proporzionale alla crescita dell’ansia: “risultava più basso nelle donne con più alto stato di ansia”.
Lo studio condotto tende a sostenere le ricerche svolte negli ultimi anni sul legame tra l’ambiente e le modalità di sviluppo di un organismo: le ricerche sulla placenta, il sangue materno e sul cordone ombelicale evidenziano come lo stress della mamma crea modificazioni biochimiche nelle cellule che alterano l’espressione di alcuni geni del bambino.
Durante la gestazione, sperimentare una condizione cronica di stress legata anche alla solitudine rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio sia a livello fisico che psicologico e sociale.
Sappiamo che lo stress è la risposta dell’organismo a stimoli nocivi che influenzano l’ equilibrio interno basale dell’organismo e che questa attivazione genera una tensione profonda nell’intero sistema, manifestata da una serie di modificazioni psicofisiche e comportamentali atte a consentire all’organismo la reazione di difesa.
Qualunque sia la natura dell’agente stressante, in questo caso il coronavirus, i meccanismi di adattamento che vengono innescati sono simili anche se orientati, da ognuno di noi, verso ciò che maggiormente percepiamo come vulnerabile o in pericolo: è una risposta biologica primaria legata alla sopravvivenza, un meccanismo difensivo con cui l’ organismo si sforza di superare una difficoltà per poi tornare, il più presto possibile, al suo normale equilibrio operativo basale.
Il tipo di stress che le donne in gravidanza stanno vivendo in questo periodo, è un tipo di stress che fino ad oggi non conoscevano, perché legato all’isolamento e alla riduzione dei contatti fisici, e mentre sempre più numerosi studi dimostrano come lo sviluppo fisico e mentale dipende dal contatto durante tutto il corso della nostra vita, ci chiediamo quale sarà l’impatto che questo tipo di condizione avrà sulle donne in gravidanza.
E poiché, la gravidanza, per la donna, rappresenta un periodo di trasformazioni fisiche ed emotive, di adattamento e continue scoperte, l’emergenza sanitaria rappresentata dalla circolazione del virus responsabile della COVID-19, sta avendo un notevole impatto sullo stile di vita della gestante e sulla gestione della gravidanza nonché nelle fasi del parto.
Il parto e il travaglio sono momenti in cui la donna prova dolore ma anche gioia per la nascita del figlio insieme al proprio partner.
È anche una fase in cui la famiglia e la comunità accoglie la presenza di una nuova persona.
Da molto tempo si partorisce in ospedale, poche mamme scelgono di farlo nella propria casa.
Nel periodo della pandemia nella fase del travaglio, le regole sanitarie rigide se pur necessarie per difendere la salute del neonato e della mamma, fanno vivere alla donna il dolore fisico senza la vicinanza e il sostegno emotivo del partner o di un familiare. Anche questo può essere fonte di eccessiva e prolungata ansia dettate dalla solitudine e della mancata condivisione del dolore con le persone affettive di riferimento perché difficilmente oggi in questa situazione si possono scorgere i sorrisi nascosti dalle mascherine, la gentilezza e la disponibilità del personale, prendere atto ed apprezzare che l’uso scrupoloso delle regole di protezioni dia sicurezza invece che la paura della solitudine.
Oppure l’eccessivo stress vissuto dalla donna in questo periodo durante la pandemia, la gravidanza e nell’esperienza del parto, potrebbe anche essere la causa scatenante di disturbi e a volte di serie conseguenze psicologiche ed emotive per la salute della neo mamma che compromettono la reazione di attaccamento e accudimento del bambino.
In tal modo dalla depressione post partum, quale stato depressivo caratterizzato da profonda tristezza, aggressività, pianto, disinteresse verso il bambino e verso la quotidianità e la risposta emotiva che può sopraggiungere dopo il parto chiamata baby blues caratterizzata da tristezza e da uno stato di inquietudine e malinconia, solitamente risolvibili in breve tempo, anche con una positiva collaborazione familiare, i molteplici eventi stressanti causati dai traumi emotivi e fisici subiti prolungati nel tempo dalla donna, dalla coppia e dalla famiglia nella gravidanza, nel parto non affrontati e superati potrebbero aumentare, favorire e trasformarsi in disturbi di personalità più severi nel post-partum soprattutto da parte della figura femminile, compromettendo così la sicurezza, la cura e l’accudimento del neonato.
Dr. Maria Zampiron