L’Aborto ricorrente può dipendere anche da causa maschile
L’aborto ricorrente è un evento non molto raro ed è vissuto come un’esperienza molto negativa dalla coppia.
Si stima che l’aborto ricorrente incida per il 2-5% delle coppie ed è stato attribuito a una miriade di cause, tra cui disordini metabolici, anomalie citogenetiche, sindrome da anticorpi antifosfolipidi e anomalie uterine. Oltre la metà di tutti i casi di aborto rimangono inspiegabili e possono essere attribuiti a eziologie più controverse come il deficit della fase luteinica, l’endometrite cronica o la trombofilia ereditaria. Sebbene i fattori femminili rimangano le eziologie più ben definite e accuratamente studiate per l’aborto, il contributo del fattore maschile è stato studiato meno approfonditamente, ma si ritiene che il 40-50% dei casi potrebbe essere attribuibile al partner maschile.
Vari studi hanno dimostrato un declino globale della qualità dello sperma e un aumento dell’incidenza di subfertilità del fattore maschile.
Il fattore maschile nell’infertilità è più comunemente associato a carenze nel volume e nella qualità del liquido seminale, come definito dai parametri dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Tra i fattori qualitativi valutati la motilità spermatica (astenozoospermia) e la morfologia spermatica (teratozoospermia) sono caratteristiche funzionali comunemente associate all’ infertilità. In presenza di aborto ripetuto di norma si richiede alla coppia l’indagine citogenetica dei cariotipi femminile e maschile, mentre l’associazione tra parametri qualitativi dello sperma e la frammentazione del DNA spermatico e la relativa analisi rimane ancora poco conosciuta e considerata.
Una recente meta-analisi dimostra una chiara associazione tra un’alta frequenza di danni al DNA dello spermatozoo e aborto ricorrente rispetto a coppie fertili di controllo. In assenza di importanti fattori materni, questa associazione positiva suggerisce il coinvolgimento di un fattore maschile nella patogenesi di questo evento e supporta le capacità diagnostiche del test di frammentazione del DNA spermatico come strumento di screening tra i pazienti con aborto ripetuto. Un aumento del danno del DNA spermatico è stato associato da vari studi ad un aumento del numero di aborti spontanei, suggerendo che un maggiore danno al DNA può aumentare la probabilità di compromissione dello sviluppo embrionale. Si ritiene quindi che le anormalità genetiche contribuiscano a un aborto precoce, tali analisi supportano la nozione di una possibile origine genetica di derivazione paternità di una ricorrente perdita inspiegabile di gravidanza .
Attraverso i progressi della genetica molecolare, l’integrità del DNA spermatico ha dimostrato di influenzare la fecondazione, il successivo sviluppo embrionale, l’impianto e la gravidanza .La causa delle frammentazioni del DNA spermatico è multifattoriale e può essere influenzata dall’esposizione a tossine ambientali, fumo di sigarette, varicocele e aumento dell’età paterna. Sebbene un certo grado di danno al DNA si manifesti naturalmente durante il trasporto degli spermatozoi e possa essere riparato all’interno del citoplasma dell’ovocita dopo l’inseminazione, possono verificarsi esiti avversi quando il danno supera la capacità di riparazione e gli ovociti non hanno una buona capacità di riparo per invecchiamento dovuto all’età della donna.
Vi sono vari metodi diagnostici per valutare la frammentazione degli spermatozoi , tutti possono dare la misura del danno fornendo una rappresentazione più accurata della fecondità maschile poiché questo test ha una variabilità biologica inferiore rispetto allo studio convenzionale del liquido seminale tramite lo spermiogramma. E’ quindi importante considerare anche quest’esame diagnostico in caso di abortività ripetuta.
Da RBMO Vol 38-6 -2019